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DICONO DI ME

Francesco Dea si muove tra le creature del sogno, quasi immerso in una consapevolezza evocativa vergine che da forma espressiva ad un informale apparente. L’emotività si libera e libra energie rigeneranti dove il colore si assimila al vortice di radici e memorie. Questo trasporto è momento e movimento, è una traccia negli annali di un lessico perduto e ritrovato nella raffinata audizione di un attimo lucente. Figlio di un’avventura straordinaria e mistica, Francesco ci fa immergere continuamente nello stupore, nella imbastitura di pentagrammi di luce che rinnovano i fili delle trame dei risvegli,quasi un controcanto per ogni paradigma di visione. Come un rovescio d’ombra sui silenzi od un segreto dentro scrosci di luna”. Sandra Lucarelli – Critico d’Arte – 22 maggio 2016

 

“I sentieri della mente”: la mostra introspettiva di Francesco Dea Un percorso espositivo sull’interiorità e sul proprio “Io”. Questo il tema della mostra “I sentieri della mente” di Francesco Dea(…) A seguire l’artista illustrerà le sue opere che si caratterizzano per la forza cromatica che conferisce ai quadri profondità e movimento, rispecchiando la nostra esistenza individuale, “scandita da immagini fugaci, forme indistinte, pensieri che ci attraversano la mente come lampi”. Un’esposizione dalle tinte oniriche ed emotive.
Francesca Murri – Giornalista
Articolo pubblicato su Repubblica di Roma del 22/11/2015

 

…” Artista dalle intense e materiche invenzioni cromatiche”…
M. GUIDA – giornalista (Corriere della Sera)

…”Francesco Dea opera una sorta di narrazione pittorica intrisa di atmosfere e fantasmi onirici, sottolineata da colature di colore e cromatismi accesi…Un viaggio intrapreso coraggiosamente per dare alla luce oggetti inesplorati, che si mescolano e si sovrappongono con altri segni e figure. In questi lavori il grottesco si tinge di ironia, il tragico diventa fiabesco, il gioco non è più svagato, il caso nasconde una congruenza psichica”… Estratto dall’articolo. D. RICCI – giornalista (Il Mattino)

…”Giovane artista che sta sperimentando i percorsi dell’astrazione con esiti felici, non esente da una componente istintiva forte che lo attrae verso soluzioni sempre più formali, in cui riesce a suscitare le stesse emozioni che rimandano le esplosive, quasi psichedeliche, cromìe degli esordi.
La sperimentazione di Dea si afferma come percorso verso un lirismo sottile ed una poetica risorsa contro i concettualismi di maniera”…
G. NAPPA – critico e storico dell’arte

…”Il lavoro di Francesco Dea si pone, nell’ambito della produzione contemporanea, come momento assolutamente autonomo rispetto a qualunque precedente suggestione, non lasciando mai lo spettatore in preda a quel fastidioso senso di dejà vu che spesso pervade l’osservatore di una creazione artistica nuova.
L’assenza di ogni riferimento tecnico, di scuola, di ogni possibile richiamo ad un maestro o ad una corrente, consente una lettura dell’opera scevra d’ogni tentazione teleologica.
L’opera di Dea, infatti, non va interpretata seguendo consueti percorsi finalistici che partono dalla prima per arrivare al suo significato. Va, piuttosto, subìta in un abbandonato naufragio che renda protagonista dell’esegesi la pulsione emotiva. Il rapporto con l’opera quindi è, e deve essere, assolutamente viscerale e passivo. Non è la tela ad essere oggetto di analisi, ma è lo spettatore, attraverso la tela, a compiere, laddove le si sia davvero abbandonato, un percorso introspettivo di notevole potenzialità catartica.
Tale potenza evocativa, trait d’union caratterizzante ogni lavoro dell’artista Dea, è frutto del rapporto altrettanto viscerale tra lo stesso e la tela.
Dea non dipinge le cose, né si abbandona al concettualismo geometrico, né è tentato dal rapporto razionale e percettivo tra il sé e lo spazio. Egli, piuttosto, rispecchiando quella che è la sua complessa personalità, in tensione tra una spiccata sensualità ed una struggente tensione metafisica, entra in un rapporto profondo con la tela lasciandole impresse sensazioni, emozioni, turbamenti, suoni, odori, sapori. Tutto avviene attraverso il rapporto con il colore, che tocca, tecnicamente, vette di pura eccellenza, e con la materia che, sotto la mano dell’artista, si accumula, si increspa, cede e si stende assecondando la forza emotiva, ancestrale, che la governa.
Nessuna censura, nessuna provocazione, nessuna intenzione pedagogica o didascalica, nessuna denuncia sociologica o politica. Pura, forte, seducente istigazione all’abbandono ad un viaggio interiore.
L’ artista, che con forza tiene fuori da sé il Mondo, torbido e capace di corrompere, rinvia agli infiniti altrove che sono dentro ogni spettatore.
La tela, nella quale l’impulso emotivo viene cristallizzato un attimo prima di acquisire significato, perde la sua singolarità, diviene un numero indeterminato di opere d’arte che ha il suo limite esponenziale solo nel limite oggettivo dei suoi fruitori.
È solo con il titolo che, quasi a tendere una mano allo spettatore naufrago, l’artista ha il suo cedimento nell’indicare un potenziale significato al suo segno. Il titolo diviene ultimo ed estremo grimaldello esegetico che lo spettatore è libero di adoperare o meno, consapevole del rischio che può comportare un naufragio guidato”…
A. CANTELMO – critico dell’arte

…” Travolge l’impulsività di Francesco Dea, espressa in cromatismi fervidi e intensi. Come fuoco i toni irrompono di fronte allo sguardo dell’osservatore, imponendosi per la centralità di ogni largo gesto che li detiene. Dea ha il grande pregio di ampliare l’orizzonte conoscitivo verso l’elevato linguaggio del colore motivandosi di una cardinale esperienza estetica. Formandosi non sul segno grafico ma sul largo gesto incisivo e attento alle espressioni psicologiche, ogni lavoro si arricchisce dello studio delle quantità luminose e delle qualità timbriche del colore…”
A. SORICARO – critico dell’arte

…”Le opere di Francesco Dea possiedono una naturale attitudine a trascendere l’astratto per parlare direttamente all’esperienza dell’osservatore. Chiunque si soffermi a guardare attentamente un dipinto di questo giovane pittore, finisce immancabilmente col ritrovare echi di cose (o semplicemente “spettri” di cose) familiari, unici ed istintivamente riconoscibili. Non semplicemente colore, quindi, ma forma. Forma e materia. Le forme piu’ disparate, impreviste, volutamente nascoste nelle pieghe della tela. Chi osserva, chi si perde dentro il quadro, scopre e riconosce con sorpresa sogni interrotti, incubi primordiali, oppure vi ritrova oggetti simbolici, o volti di un passato perduto. E per ognuno  un esperienza diversa, personale, intima. L’artista riporta alla memoria fantasie dimenticate, sapori e odori di atmosfere lontane, accompagnando l’osservatore in un percorso emotivo privato, un piccolo sentiero attraverso la tela che egli ci lascia intravedere, e che ci invita a seguire. La scelta di perdersi nel fitto bosco dell’immaginazione spetta a chi guarda; Dea fornisce lo spunto e prepara il viaggio con la straordinaria espressivita’ cromatica e materica dei suoi lavori”… Giuseppe Renzo – artista e storico dell’arte